Il discorso con cui Benedetto XVI annuncia l’abbandono del pontificato

 

Dal 28 febbraio 2013 la santa Sede sarà vacante. Incredulità e stupore in tutto il mondo, cattolico e non. La comunicazione delle dimissioni è stata data dallo stesso Papa Benedetto XVI in latino ai cardinali convocati nel Concistoro per le canonizzazioni dei martiri di Otranto.

 Quella delle dimissioni del Pontefice è una possibilità contemplata nel canone 332 del Codice del diritto canonico, scelta in piena libertà e senza necessità di accettazione da parte di alcuno. La decisione mette fine ad un pontificato di quasi otto anni, difficilissimo e densissimo di avvenimenti (ultimo lo scandalo Vatileaks, ma non da meno quello della pedofilia all’interno della Chiesa), che certamente avranno avuto il loro peso nell’estrema decisione.

 È un evento di portata epocale, storico, questo della rinuncia di un Papa. Dobbiamo risalire al 1294, per trovare l’unico caso in Celestino V, il papa santo, eremita e asceta, che abdicò di sua volontà, liberamente e consapevolmente, non per costrizione come nel caso di altri Papi che pure rinunciarono alla tiara (se ne contano sulla punta delle dita di una sola mano).

La decisione di Benedetto XVI getta nuova luce sul gesto del Papa quando, in occasione della visita a L’Aquila dopo il terremoto del 2009, nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio si tolse il pallio e lo appoggiò sulla teca che conserva il corpo di San Celestino V, dimostrando di avere grande rispetto per le ragioni di quel gran rifiuto. E come per Celestino, grande deve essere stato il travaglio interiore che ha condotto a questa decisione Benedetto XVI.

Cosa resta del pontificato di Benedetto XVI? Dall’encicliche di Ratzinger, il papa della circolarità ermeneutica tra fede e ragione, emerge il volto di Cristo-Dio-Amore, non “il pastore tedesco” che ci si aspettava all’indomani dell’elezione, non il grande inquisitore, non il teologo severo giudice contro le eresie, ma il custode dell’ortodossia, estremamente determinato a combattere la “dittatura del relativismo”.

Ci si chiede il perché di questa storica decisione. Certamente dietro di essa non c’è nulla di misterioso, nessun complotto, nessuna coercizione. Come Ratzinger ha detto con semplicità nel libro intervista a Peter Seewald: Luce del mondo “Quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi“.

Forse a marzo il nuovo Papa, certamente più giovane, più forte, ma non meno coraggioso nelle sue decisioni.

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